Il 13 gennaio inaugurata la mostra fotografica a Palazzo Opesso, Chieri
E' stata inaugurata il 13 gennaio alle ore 17.00 a Palazzo Opesso, in via San Giorgio 3 a Chieri, la mostra “1D\700Y - Un giorno, 700 anni” un viaggio fotografico nel quotidiano della Residenza Giovanni XXIII di Chieri. Il progetto, a cura della Cooperativa Animazione Valdocco, è patrocinato dalla Città di Chieri, Città Metropolitana di Torino e Casa di Riposo Giovanni XXIII di Chieri.
La mostra a cura di Beppe Quaglia, racchiude 33 immagini, catturate da Agnese Samà all’interno della Residenza, che si presentano come una mappa visiva di gesti e persone raccontate insieme agli spazi di vita della loro casa. I 700 anni di storia sono invece richiamati dal più antico tra i documenti conservati nell’archivio storico della città di Chieri, che risale al 1316 e attesta la funzione dell’allora Ospizio di Carità, volta all’aiuto ai bisognosi già sette secoli fa.
La mostra è visitabile a Palazzo Opesso dal 13 al 29 gennaio 2017, dal lunedì a venerdì nella fascia oraria dalle 16:00 alle 19:00 mentre il sabato e la domenica dalle 10:30 alle 12:30 e dalle 16:00 alle 19:00.
Agnese Samà, Laureata in Architettura presso La Sapienza Università di Roma, dal 2014 è fotografa ufficiale dell’Associazione Interazione Urbane e dal 2016 collabora con il Centro Sperimentale di Fotografia Adams di Roma. A propostito della mostra ha dichiarato «Un lavoro fotografico iniziato come tanti lavori fotografici, in cui il fotografo non ha una sua idea, un’idea precisa, un risultato definito relativo a ciò che andrà a fotografare. C’è un committente che (e lo ribadisce con veemenza) lascia carta bianca su come raccontare la vita all’interno di una casa di riposo: tutto questo può trasformarsi in una catastrofica disfatta professionale.
Ma dopo circa una settimana di lavoro, e di vita, al Giovanni XXIII mi rendo conto che la disfatta avrebbe dovuto aspettare.
All’inizio le giornate sembrano trascorrere senza che nulla accada, una quotidianità fatta di persone che si svegliano, si vestono, fanno colazione, poi chi di loro sceglie di passare la mattinata giocando a carte, chi di guardare la televisione, chi di non fare niente - ma anche quello è un fare qualcosa! Poi l’attesa del pranzo, il pranzo, il pomeriggio e l’attesa della cena, la cena; e finalmente l’ora di andare a dormire.
Ogni giornata pare scivolare via come tutte le altre.
Ma c’è qualcosa che sta sfuggendo al mio sguardo. Sto entrando dalla porta sbagliata, quella che fa vedere le cose tutte uguali, che dà un senso di piattezza e ripetitività a ciò che sta intorno. Poi arriva l’attimo in cui sono risucchiata a scattare compulsivamente; scatto senza interrompermi 30 fotografie, attratta da una mano che abbottona il gilet fino all’ultimo bottone: l’inizio della giornata del signor Michele.
Attraverso questa ripetizione di un gesto, la quotidianità lascia emergere una serie di rituali, nei quali posso perdermi con lo sguardo, e scopro la bellezza di certi dettagli.
Questa è una porticina per entrare. Entrare dove il quotidiano diventa straordinario se l’occhio arriva un po’ estraneo (straniero) e si lascia catturare da ciò che crede di aver già visto: il gesto è ogni volta nuovo se uno sguardo mantiene la libertà nel raccontarlo.
È ciò che spero possa arrivare a voi attraverso queste foto.»