Sapete cosa è un salto nullo?
Se hai fatto un salto di 10 metri, ma hai oltrepassato di un millimetro il limite dell’asse di battuta,
nella realtà hai fatto il salto più lungo del mondo,
ma nel gioco chiamato sport non hai saltato niente.
Prendete un campo da calcio. Uno di quei campetti da calcio che si vedono passando in macchina quando si torna a casa dopo una giornata di lavoro e si pensa al tempo che fu.
Uno di quei campetti “spilucchiati” dove l’erba esiste soltanto a settembre e poi sparisce nel giro di pochi giorni come una magia di Houdine. Bene, adesso metteteci dentro una squadra di calcio, una squadra di ragazzini di 10 anni. Troppo piccoli per non essere accompagnati dalla mamma che puntualmente si trova dietro la rete che delimita il campo e segue il suo pargolo mentre gioca.
Poi mettiamoci un mister, con l’immancabile fischietto, a dare indicazioni. Palleggi, scatti, slalom tra i coni, etc. Il quadro dovrebbe essere completo.
Adesso mettiamoci il sonoro: il rumore delle macchine che passano vicino al campo, le risate, gli schiamazzi dei ragazzi. Il sottofondo delle mamme che mentre sorridono ai figli si “distraggono” tra un gossip locale e uno nazionale. Qualche papà che sogna un contratto faraonico del proprio figlio. E poi le urla del mister, incessanti. “Sicuramente ce l’ha con mio figlio” sottolinea una mamma. “No, l’insulto era riferito a mio figlio” la riprende un’altra. “Ha detto panzone svegliati, quindi presumo che era per mio figlio il messaggio” conclude una terza. Ma il mister è il mister, se avrà usato quel termine avrà sicuramente le sue buone ragioni, ma che non provi a non farmelo giocare il sabato il mio campioncino.
“Adesso inizia l’allenamento, non voglio sentire una mosca. Iniziamo con 5 giri di campo, anzi 6 perché devo parlare con una persona” urla il mister con un’aria di chi sa quanto sia importante la leadership in un gruppo.
“Mister ma perché uno in più? Mica è colpa nostra se lei deve parlare”
“Allora facciamo 7 giri così la prossima volta impari a contraddire il tuo allenatore”.
Urlando, ma in modo così veloce da farsi venire il fiatone e soprattutto consapevole che mai, e poi mai, un giocatore di calcio si può permettere di replicare al mister, e chissenefrega se ha 10 anni. Il mister è il mister. Che cavolo.
ANDREA IN CAMPO
“Dunque, lei è un’assistente sociale e vuole far fare un provino a questo ragazzo” indicandolo con il dito.
“No. Cioè si. E poi sono un’educatrice professionale, con tutto il rispetto per gli Assistenti Sociali, ci mancherebbe”.
Adesso, mettiamoci nei panni di un’educatrice professionale che al nome di Carlos Bacca riuscirebbe ad associarlo al massimo ad un narcos di Medellin e mettiamoci il fatto che per lei il calcio potrebbe esistere soltanto in chimica e che l’obiettivo del Progetto Quadro concordato con l’Assistente Sociale era quello di inserire il minore in un’attività educativa di gruppo. Attività educativa. Bene, cosa avrà pensato dopo aver assistito alla scene iniziale del mister?
Ma il tempo per formulare una risposta non c’è. Un pianto si leva dal gruppo dei ragazzi che corrono, un pianto e poi delle risate. Un ragazzino è caduto (spinto?) nell’unica pozzanghera presente nel campo. Il mister con uno scatto si avvicina al gruppo urlando “20 flessioni a testa, e che nessuno si azzardi a protestare. E oggi non si fa la partitella finale, così imparate”.
Il primo elemento della teoria vygotskijana: il clima positivo
Gli studenti hanno bisogno di vivere ripetute e positive esperienze di successo che li vedano coinvolti in modo attivo e collaborativo. L’atteggiamento dell’insegnante è determinante nella formazione del clima della classe. Per costruire un clima positivo il suo atteggiamento dovrebbe essere democratico, sincero, deve essere un punto di riferimento, guida, persona disponibile all’ascolto e all’aiuto (appunti della scuola per educatori utili per la mia tesi).
Il gioco per Vygotskij è uno strumento di crescita emotiva e intellettiva.
Tutto si può chiedere a una squadra di calcio, a tutti i livelli, ma non fare la partitella finale è lo “sbarramento”, il limite invalicabile al quale non si bisognerebbe mai arrivare.
“Non vorrei essere io il problema, se vuole possiamo parlarne quando lei è libero, alla fine dell’allenamento?”
“Signora o signorina, dopo ci sarebbe la partita di Champions Legue. Ma non ci sono problemi, al prossimo allenamento il ragazzo lo faccio allenare”
“Un problema ci sarebbe. Andrea non ci sente molto bene”
“Se è solo per questo. Guardi che ci sono molti ragazzi che fanno sempre finta di non sentire quando li richiamo all’ordine. Uno in più non mi cambia”.
“Si ma lui non sente...”
“Per cui basta che io parli forte ?? Posso avere un microfono con cui parlargli direttamente nell’auricolare dell’orecchio?”
“Non ci siamo capiti è sordo!”
“Ma almeno è bravo? Voglio dire una giocata “no look” alla Ronaldo, che so, un doppio passo”
L’educatrice entusiasta, dopo essersi strappata i capelli, capisce che c’è poco da fare…
Bisogna intervenire, andrà a tutti gli allenamenti, imparare le regole del calcio e spiegare ad Andrea attraverso i segni. E poi cosa sarà mai una giocata “no look”? Cos’è che non bisognerebbe guardare?
IN GIOCO/FUORI GIOCO
Stesso campo, stesse mamme, stesso allenatore. Ma almeno l’educatrice si è letta qualche regola, insomma quelle basilari, tipo non si può toccare la palla con le mani se non sei un portiere, come ripartire dopo che la palla è uscita dal rettangolo di gioco. Su una regola rimane perplessa: il fuorigioco. Non riesce proprio a capirla. Se è per questo anche molti giocatori e arbitri fanno fatica a capire questa regola. Ma questa è un’altra storia.
Il tempo di fare conoscenza con qualche mamma che subito si leva un urlo
“I ciccioni corrono con il k-way così dimagriscono un po’!”. E’il mister ad interrompere l’ultima presentazione. “Allora oggi vi do i voti sulla partita di ieri:Carlo hai fatto schifo! 4, Giulio tu che voto ti daresti ?? beh non ti sforzare è un 5 non di più...”.
Ma che bel ambiente educativo…L’educatrice è nel pallone, nel senso che non sa cosa fare. Vorrebbe portarlo via, ma quando i suoi occhi si incrociano con quelli di Andrea che gli sorride, si placa. Proviamo ad entrare in campo a dare una mano al Mister. “Su ma che fai? Quando fischio devi partire!” urla ad Andrea “Mi scusi, le ricordo che è sordo il fischietto non lo sente, se potesse cortesemente alzare il braccio così lui capisce“ “Si va beh! ma insomma lui si deve anche svegliare un po’…” .
"Ma il pallone questi ragazzi lo useranno?" "Per adesso corrono soltanto."
Ovvio Andrea non gioca le partite “perché va bene fargli fare gli allenamenti, ma diciamolo la palla non sa proprio cosa sia e poi in campo non posso dargli le indicazioni essenziali per far girare il gioco!”…Questo ripete l’allenatore.
Allora l’educatrice, che sicuramente non conosce la regola del fuorigioco, che sicuramente non ha letto “Febbre a 90” di Nick Horby, ma sa fare un pressing asfissiante degno dei migliori centrocampisti, insegna dei segni e cerca di convincere l’allenatore ad usarli: un'impresa titanica!! Un’impresa che stuzzica la curiosità dei ragazzi e del “folto” pubblico sugli spalti. Il Mister sembra ballare la “zumba” i primi giorni che prova a utilizzare il linguaggio dei segni. Ma almeno ci prova.
L’allenatore alla fine sfinito dalle pressioni fa giocare nel campionato il ragazzino.
Ci siamo. L’educatrice è più emozionata di Andrea. Inizia a capire cosa provano i genitori quando gioca il proprio figlio. Ma è molto contenta, certo è stata dura far capire al mister l’importanza della gara di campionato cosa poteva rappresentare per Andrea. Eccoli, i giocatori che entrano in campo, Andrea è incoraggiato dai compagni, una pacca sulle spalle, un sorriso. L’educatrice è proprio felice, uno degli obiettivi del progetto educativo si sta realizzando. Quando l’arbitro porta il fischietto per iniziare la partita, si alza un urlo dalla panchina, è lui, l’allenatore “Arbitro guardi che è sordo, lo deve toccare e non solo usare il fischietto!!!”
Che dire: tutti i palazzi intorno ora sanno, nel più completo rispetto della privacy, che Andrea è sordo, ma almeno l’allenatore ha capito che è assolutamente inutile usare il fischietto!
Palla al centro
Pino Di Leone
Educatore professionale con una tesi sul calcio “Hasta la victoria sempre ma pure nu pareggio è dignitoso. Valenza dello sport in ambito educativo”. Educatore presso una Comunità per minori, ma soprattutto, papà di Carlotta e Francesco